Divorzio: dopo quanto tempo posso richiederlo

Quanto tempo deve trascorrere dalla separazione prima di poter chiedere il divorzio?

 

Con l’ingresso nel nostro ordinamento della legge 55/2015 la cosiddetta legge sul “divorzio breve” il legislatore ha ridotto i termini per la presentazione della domanda diretta ad ottenere lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio. Se prima della riforma occorreva attendere 3 anni a decorrere dalla avvenuta comparizione dei coniugi innanzi al Presidente del Tribunale nella procedura di separazione personale, oggi l’art 1 della nuova legge stabilisce che:

1. Se c’è stata una separazione giudiziale

si riduce da tre anni a dodici mesi il termine per la presentazione della domanda diretta ad ottenere lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio.

2. Se c’è stata una separazione consensuale, anche nel caso in cui c’è stata trasformazione da giudiziale in consensuale:

si riduce a sei mesi il termine per la presentazione della domanda diretta ad ottenere lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio.

Perché la separazione consensuale abbia effetto è necessaria sia omologata dal Tribunale che provvede in camera di consiglio su relazione del Presidente.

In entrambi i casi :

  • il termine decorre dalla comparsa dei coniugi di fronte al presidente del tribunale nella procedura di separazione personale;
  • resta in piedi il requisito della durata della separazione, protrattasi ininterrottamente nel periodo richiesto per la proposizione della domanda, resta in vita.

Va detto che nel caso in cui venga a verificarsi un’interruzione della separazione, e il coniuge convenuto non voglia divorziare, spetta alla parte convenuta formulare  tale eccezione.

3. Se c’è stata separazione raggiunta a seguito di convenzione di negoziazione assistita

Anche in questo caso, pur non essendo specificato nel testo di legge, il termine è di sei mesi che decorre dalla data certificata nell’accordo di separazione raggiunto a seguito di convenzione di negoziazione assistita da avvocati ovvero

dalla data dell’atto contenente l’accordo di separazione concluso innanzi all’ufficiale dello stato civile.

L’art. 3 della legge, infine, disciplina la fase transitoria e prevede che tali norme si applicano alle domande di divorzio proposte dopo l’entrata in vigore della legge, anche quando sia pendente a tale data il procedimento di separazione personale che è presupposto della domanda.

Riferimenti normativi

Legge 55/2015 (divorzio breve)

Articolo 1
1. Al secondo capoverso della lettera b) del numero 2) dell’articolo 3 della legge 1o dicembre 1970, n. 898, e successive modificazioni, le parole: «tre anni a far tempo dalla avvenuta comparizione dei coniugi innanzi al presidente del tribunale nella procedura di separazione personale anche quando il giudizio contenzioso si sia trasformato in consensuale» sono sostituite dalle seguenti: «dodici mesi dall’avvenuta comparizione dei coniugi innanzi al presidente del tribunale nella procedura di separazione personale e da sei mesi nel caso di separazione consensuale, anche quando il giudizio contenzioso si sia trasformato in consensuale».

Alessandro Senatore, nato a Napoli il 7 giugno 1959, avvocato patrocinante presso la Suprema Corte di Cassazione, si è laureato in giurisprudenza nel 1984.presso l’Università Federico II di Napoli
Nel 1988 ha fondato  lo Studio Legale Senatore che svolge la propria attività nel settore civile.
La sua solida formazione professionale, consolidata da una vasta esperienza nell’ambito del contenzioso, gli ha permesso di dedicarsi, con particolare attenzione, agli aspetti riguardanti la materia del diritto di famiglia e delle successioni
Mediatore Sistemico Familiare presso l’Istituto di Psicologia e Psicoterapia Relazionale Familiare (ISPPREF ) di Napoli è fautore della mediazione, come pratica efficace per la soluzione dei conflitti
Consigliere del Presidente dell’UIA (Unione Internazionale degli Avvocati) nel 2014/2015 è da anni componente della Commissione di Diritto Matrimoniale di questo importante organismo internazionale.

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Coniuge divorziato e TFR

Una donna già separata legalmente dal marito ha diritto a richiedere, in sede di divorzio, una percentuale del TFR percepito dal marito prima della richiesta di divorzio?

 

La risposta è negativa.

L’art. 12 bis l. n. 898/1970 prevede che solo il coniuge titolare di un assegno di divorzio possa chiedere e ottenere il 40% dell’indennità totale di fine rapporto percepita dall’altro coniuge e riferibile agli anni in cui il rapporto di lavoro è coinciso con il matrimonio.

La giurisprudenza, in maniera uniforme, ha interpretato la norma nel senso di ritenere che l’ex coniuge cui sia riconosciuto un assegno di divorzio ha diritto alla quota del TFR, come sopra calcolata, solo se e quando questo è stato percepito dopo l’instaurazione del giudizio di divorzio (Cass. civ. 29 ottobre 2013, n. 24421Cass. 14 novembre 2008, n. 27233 )

Del resto qualora l’ex coniuge abbia percepito il TFR,  dopo la separazione ma prima del deposito del divorzio, in sede divorzile si terrà conto di questa circostanza  ai fini delle capacità economiche dell’obbligato all’assegno (Cass. 10 marzo 2005, n. 5283 ; Cass. civ. 29 luglio 2004, n. 14459)

Conseguentemente nel caso in esame nel quale il marito ha percepito  l’indennità di fine rapporto dopo la separazione ma prima del deposito del divorzio, la moglie non avrà alcun diritto sul TFR percepito dal marito, il cui importo dovrà, però, essere correttamente valorizzato – in concorso con gli altri elementi di cui all’art. 5 ln. 898/1970 – nel giudizio sull’an e sul quantum dell’assegno di divorzio.

Riferimenti normativi :

* Art. 12-bis. l.n. 898/1970

  1. Il coniuge nei cui confronti sia stata pronunciata sentenza di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio ha diritto, se non passato a nuove nozze e in quanto sia titolare di assegno ai sensi dell’art. 5, ad una percentuale dell’indennità di fine rapporto percepita dall’altro coniuge all’atto della cessazione del rapporto di lavoro anche se l’indennità viene a maturare dopo la sentenza.
  2. Tale percentuale è pari al quaranta per cento dell’indennità totale riferibile agli anni in cui il rapporto di lavoro è coinciso con il matrimonio

* Art. 5. l.n. 898/1970

  1. Il tribunale adito, in contraddittorio delle parti e con l’intervento obbligatorio del pubblico ministero, accertata la sussistenza di uno dei casi di cui all’art. 3, pronuncia con sentenza lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio ed ordina all’ufficiale dello stato civile del luogo ove venne trascritto il matrimonio di procedere alla annotazione della sentenza.
  2. La donna perde il cognome che aveva aggiunto al proprio a seguito del matrimonio.
  3. Il tribunale, con la sentenza con cui pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, può autorizzare la donna che ne faccia richiesta a conservare il cognome del marito aggiunto al proprio quando sussista un interesse suo o dei figli meritevole di tutela.
  4. La decisione di cui al comma precedente può essere modificata con successiva sentenza, per motivi di particolare gravità, su istanza di una delle parti.
  5. La sentenza è impugnabile da ciascuna delle parti. Il pubblico ministero può ai sensi dell’art. 72 del codice di procedura civile, proporre impugnazione limitatamente agli interessi patrimoniali dei figli minori o legalmente incapaci.
  6. Con la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, il tribunale, tenuto conto delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione, del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, del reddito di entrambi, e valutati tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio, dispone l’obbligo per un coniuge di somministrare periodicamente a favore dell’altro un assegno quando quest’ultimo non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive.
  7. La sentenza deve stabilire anche un criterio di adeguamento automatico dell’assegno, almeno con riferimento agli indici di svalutazione monetaria. Il tribunale può, in caso di palese iniquità, escludere la previsione con motivata decisione.
  8. Su accordo delle parti la corresponsione può avvenire in unica soluzione ove questa sia ritenuta equa dal tribunale. In tal caso non può essere proposta alcuna successiva domanda di contenuto economico.
  9. I coniugi devono presentare all’udienza di comparizione avanti al presidente del tribunale la dichiarazione personale dei redditi e ogni documentazione relativa ai loro redditi e al loro patrimonio personale e comune. In caso di contestazioni il tribunale dispone indagini sui redditi, sui patrimoni e sull’effettivo tenore di vita, valendosi, se del caso, anche della polizia tributaria.
  10. L’obbligo di corresponsione dell’assegno cessa se il coniuge, al quale deve essere corrisposto, passa a nuove nozze.
  11. Il coniuge, al quale non spetti l’assistenza sanitaria per nessun altro titolo, conserva il diritto nei confronti dell’ente mutualistico da cui sia assistito l’altro coniuge. Il diritto si estingue se egli passa a nuove nozze .

Alessandro Senatore, nato a Napoli il 7 giugno 1959, avvocato patrocinante presso la Suprema Corte di Cassazione, si è laureato in giurisprudenza nel 1984 presso l’Università Federico II di Napoli.
Nel 1988 ha fondato  lo Studio Legale Senatore che svolge la propria attività nel settore civile.
La sua solida formazione professionale, consolidata da una vasta esperienza nell’ambito del contenzioso, gli ha permesso di dedicarsi, con particolare attenzione, agli aspetti riguardanti la materia del diritto di famiglia e delle successioni
Mediatore Sistemico Familiare presso l’Istituto di Psicologia e Psicoterapia Relazionale Familiare (ISPPREF ) di Napoli è fautore della mediazione, come pratica efficace per la soluzione dei conflitti
Consigliere del Presidente dell’UIA (Unione Internazionale degli Avvocati) nel 2014/2015 è da anni componente della Commissione di Diritto Matrimoniale di questo importante organismo internazionale.

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