Tantissimi sono i casi di cittadini italiani che con sacrifici hanno realizzato il desiderio di garantire un “tetto coniugale” al proprio nucleo familiare impegnandosi con un contratto di mutuo ipotecario; per tanti motivi si sono poi trovati nell’incolpevole impossibilità di pagare le rate del mutuo, accedendo spesso anche nel violento mondo dei piccoli finanziamenti, del tutto illusori per una concreta ripresa, anzi spessissimo fonte di aggravio anche di preoccupazioni: versando, in ultimo, in uno stato di sovraindebitamento.
Il Tribunale di Napoli nel 2015 e di recente nel marzo del 2017 ha accolto le richieste di due famiglie “liberandole” dal peso di debiti non più sostenibili, autorizzando il pagamento di rate finalmente commisurate a quanto effettivamente è risultato per loro pagabile nel mantenimento di una dignitosa esistenza, anche con riduzione, riscontrandone i presupposti di legge, del complessivo debito e soprattutto consentendo una ripresa della vita nel rispetto delle regole e degli impegni assunti.
Gli artefici di tali risultati sono l’avvocato al quale si sono affidati i coniugi e il gestore della crisi (cioè il soggetto terzo previsto per legge che agisce quale Organismo di Composizione della Crisi – OCC) con l’innegabile abnegazione di magistrati che hanno creduto nella Legge n.3 del 2012.
Entrambi i provvedimenti si articolano in una parte iniziale definibile “descrittivo- ricognitiva” nella quale i magistrati riportano quanto illustrato nella proposta dal consumatore, come detto, redatta dall’avvocato con l’assistenza dell’OCC, supportata da idonea documentazione relativamente alla situazione debitoria da raffrontarsi con i beni e i redditi del proponente (cd. attivo).
Massima attenzione è stata posta dall’avvocato nel descrivere e documentare la sussistenza dei presupposti di legge (art. 7, co. 2, L. 3/2012) che il magistrato ha accuratamente verificato: “ l’istante ha dichiarato: a) di non essere soggetto alle procedure concorsuali vigenti e previste dall’ art.1 del R.D. 16 marzo 1942, n. 267, in quanto persona fisica che non ha mai svolto attività di impresa; b) di non aver fatto ricorso, nei precedenti cinque anni, alla procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento ex L. 3/2012 mediante proposta di accordo ( e, quindi, di non aver subito uno dei provvedimenti di cui agli artt. 14 e 14 bis); c) di essersi manifestato un perdurante squilibrio tra le obbligazioni assunte ed il proprio patrimonio prontamente liquidabile per farvi fronte, che determina non solo la rilevante difficoltà di adempiere le proprie obbligazioni, ma anche la definitiva incapacità di adempierle ( art. 6, 2 co. Lett a) “.
Ulteriore presupposto è il sussistere per i coniugi consumatori di uno stato di sovraindebitamento, intendendo per esso, “la situazione di perdurante squilibrio tra le obbligazioni assunte e il patrimonio prontamente liquidabile per farvi fronte, che determina la rilevante difficoltà di adempiere le proprie obbligazioni, ovvero la definitiva incapacità di adempierle regolarmente”.
Nel primo caso il consumatore «stante la perdita del lavoro, da alcuni anni versava in una situazione di grave crisi finanziaria, con un costante trend negativo, da cui l’impossibilità di adempiere tutti i pagamenti e a tutte le obbligazioni contratte nei confronti dei creditori».
Immediatamente dopo, nell’impostazione della proposta, è stato rimarcato “L’attivo destinabile alla procedura”, rappresentando in esso la sua concreta descrizione (art. 8, co.1 , L . 3/2012, laddove afferma che « la proposta di accordo di piano del consumatore prevede la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi forma…».)
Un impegno altamente professionale da parte dell’avvocato e dell’OCC ha consentito ai magistrati di svolgere con puntualità le dovute indagini confermative sulla ragionevolezza della proposta e sulla mancanza di colposità da parte dei proponenti così da fissare, nel rispetto del termine massimo di 60 giorni, la prevista udienza.
Nella peculiare procedura a tutela dei consumatori è volutamente esclusa una fase di negoziazione con i creditori e diviene essenziale il controllo sulla legalità, sulla fattibilità e sulla convenienza del Piano o meglio di meritevolezza etica della condotta debitoria.
A mio parere, il tema della meritevolezza e/o diligenza impiegata dal debitore nell’assumere volontariamente le obbligazioni è particolarmente rilevante e deve risultare da una corretta impostazione della proposta introduttiva. Occorre dare compiutamente conto della situazione patrimoniale e differenziarla in attivo e passivo (entrambe da descrivere analiticamente e da documentate) per consentire le dovute verifiche sulla sussistenza della capacità patrimoniale del debitore a far fronte alla rata del mutuo al momento della stipulazione dello stesso (finalizzate a garantire un tetto coniugale, in alternativa al pagamento di un canone di locazione). La diligenza del debitore è desumibile dai regolari versamenti sino all’ anno corrispondente alla perdita del lavoro.
In tal modo il teorico concetto di diligenza di cui ai sensi dell’ art.9, co. 3bis, lett a), L.3/2012 assume una sua precisa coloritura: a) gli obblighi pecuniari devono essere contratti con la ragionevole prospettiva di poterli adempiere; b) tale prerogativa deve non essere solo iniziale, ma deve mantenersi nell’esecuzione del rapporto ed interrompersi solo per un comprovato e giustificato motivo sopravvenuto; c) che le obbligazioni sono assunte per uno scopo meritevole. Tale diligenza del consumatore può ritenersi, quindi, alla base anche dell’espressa previsione del sindacato di “meritevolezza” del debitore di cui al successivo art. 12 bis, co. 3, L. 3/2012.
Tale impostazione è confermata nel primo provvedimento dove è, infatti, precisato: può, quindi, anche ai sensi dell’ art. 12 bis, co. 3 affermarsi che il debitore non ha assunto le obbligazioni senza la ragionevole prospettiva di poterle adempiere, e che non ha colposamente determinato il sovraindebitamento anche per mezzo di ricorso al credito non proporzionato alle proprie capacità patrimoniali”.
La più recente ordinanza del Tribunale di Napoli del 2017 affronta anche un’ulteriore delicato profilo della legge (art.8 co.4 L.3/2012). Il magistrato con estremo coraggio afferma che detto comma “non può essere inteso nel suo senso letterale di obbligare i proponenti al pagamento dei debiti privilegiati entro un anno al massimo dall’omologa del piano … in quanto altrimenti verrebbe del tutto frustata l’operatività della normativa a sostegno della composizione delle crisi da sovraindebitamento, almeno per quanto riguarda il paiano del consumatore” .
Gli innumerevoli sforzi per rendere applicabile la normativa alle primarie esigenze di coloro che aspirano a mantenere la casa pagando rate effettivamente sostenibili (e non certo con il limite massimo di dodici mesi come letteralmente è scritto) hanno raggiunto l’auspicato risultato. Il comune spirito di chi ne è stato partecipe (avvocati – OCC e magistrato) è stato quello da sempre idealizzato e cioè che si entri nel cuore della disciplina da applicare e che di essa se ne svolga una lettura orientata alla sua reale e logica applicazione, superando anche contraddizioni di natura meramente formale.
In entrambi i casi si è avuto un successo anche in termini temporali perché le rispettive definitive ordinanze di omologazione sono state depositata pochi giorni dopo l’udienza dando una tempestiva risposta di giustizia. Con esse si sono autorizzati i proponenti a “ liberarsi” dai propri debiti, mediante il pagamento degli stessi per un importo inferiore e rateizzato nel tempo, con il vantaggio di far definitivamente cessare le richieste di pagamento fin troppo spesso invasive e demoralizzanti per chi sa di non avere colpe.