Massima
La proroga delle concessioni demaniali marittime, disposta dall’art. 1 comma 18, d.l. 30 dicembre 2009, n. 194, si applica anche ai porti e agli approdi turistici, essendo la finalità turistico-ricreativa, in contrapposizione ad altre finalità, l’unica connotazione rilevante ai fini dell’applicazione della norma; del resto tale significato è stato confermato, con portata esplicativa, dall’art. 1 comma 547, l. 24 dicembre 2012, n. 228
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 281 del 2016, integrato da motivi aggiunti, proposto da: Nautica Tito Group s.n.c. di Si. e Fr. Si., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avvocato Riccardo Leonardi, con domicilio eletto presso lo studio del medesimo in Ancona, corso Stamira, 49;
contro
Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Autorità Portuale di Ancona e Capitaneria di Porto di Ancona, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata in Ancona, piazza Cavour, 29;
nei confronti di
Nautiservice s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avvocato Antonio Mastri, con domicilio eletto presso lo studio del medesimo in Ancona, corso Garibaldi, 124;
per l’annullamento
– della comunicazione dell’Autorità Portuale – PAR 000360 del 9/02/2016 – concernente la domanda di concessione demaniale marittima, con cui l’Autorità portuale di Ancona comunicava che non avrebbe avviato la procedura comparativa per la concessione dell’area demaniale ritenendo precettiva e direttamente applicabile la proroga ex lege di cui all’art. 1, comma 547, della legge n. 228 del 2012;
– di ogni altro atto antecedente, consequenziale e, comunque, connesso;
relativamente ai motivi aggiunti:
– del provvedimento di proroga sino al 31/12/2020 della concessione n. 24 del 28/9/2012, rilasciata alla Nautiservice s.r.l., disposto dall’Autorità Portuale in data 6 aprile 2016 e di tutti gli atti ad esso preordinati, consequenziali e, comunque, connessi.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Autorità Portuale di Ancona, di Nautiservice s.r.l. e del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti – Capitaneria di Porto di Ancona;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 7 aprile 2017 la dott.ssa
Simona De Mattia e uditi per le parti i difensori come specificato
nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
- La società ricorrente – che opera nel settore nautico svolgendo attività di rimessaggio, manutenzione, vendita e assistenza delle imbarcazioni sino a metri 25 di lunghezza, attualmente utilizzatrice, per le operazioni di alaggio e varo connesse alla propria attività, di un pontile sito all’interno del porto turistico “Marina Dorica” di Ancona – con l’atto introduttivo del giudizio ha impugnato la nota in epigrafe, con cui l’Autorità portuale ha deciso di non avviare la procedura comparativa per la concessione dell’area demaniale in uso alla Nautiservice s.r.l. (in virtù dell’ultima concessione n. 24 del 28 settembre 2012) – che svolge la medesima attività imprenditoriale della ricorrente – ritenendo precettiva e direttamente applicabile la proroga ex lege di cui all’art. 1, comma 547, della legge n. 228 del 2012, vigente al momento della scadenza di tale ultima concessione.
A sostegno del gravame lamenta, in sintesi, quanto segue:
– la proroga prevista dal legislatore italiano sarebbe affetta da rilevanti profili di illegittimità per contrasto con il diritto interno e con il diritto comunitario, come peraltro evidenziato da diverse pronunce della giurisprudenza amministrativa (si citano, Consiglio di Stato, 14 agosto 2015, n. 3936; TAR Sardegna, 28 gennaio 2015, n. 224 e TAR Lombardia, 26 settembre 2014, n. 2401), i cui principi vengono richiamati dalla ricorrente a supporto delle proprie ragioni; in particolare, quest’ultima assume che la dilazione concessa ex lege del periodo di vigenza delle concessioni demaniali consente una sostanziale elusione della normativa comunitaria, nello specifico dell’art. 12 della direttiva CE 2006/123, norma che, sebbene sia stata formalmente recepita dall’art. 16 del d.lgs. n. 59 del 2010, in sostanza viene disapplicata per effetto della disciplina speciale in questione, che, invece, consente una sorta di “diritto di insistenza” sulle concessioni demaniali marittime in essere. La questione, evidenzia la ricorrente, è a tal punto rilevante che la Corte di Giustizia dell’Unione europea è stata chiamata a pronunciarsi in ordine alla compatibilità del regime di proroga previsto dall’art. 1 del decreto legge n. 194 del 2009 con i principi comunitari posti a tutela della concorrenza (l’affare è stato definito nelle more del presente giudizio con sentenza della Corte di Giustizia UE del 14 luglio 2016);
– contraddittorietà tra gli atti del procedimento posto in essere dall’Autorità Portuale, dal momento che quest’ultima, dalla data di pubblicazione dell’avviso ex art. 18 del DPR n. 238 del 1952 (avvenuta il 4 dicembre 2015) e sino alla deliberazione n. 5 del 25 gennaio 2016 del Comitato Portuale (con cui si confermava l’intenzione di procedere ad un confronto comparativo per l’affidamento della concessione in parola), non aveva ritenuto che la concessione di cui è titolare la Nautiservice s.r.l. rientrasse nel regime di proroga previsto dal citato art. 1, comma 547, della legge n. 228 del 2012, salvo a cambiare improvvisamente orientamento con nota n. 360 del 9 febbraio 2016 (impugnata con l’atto introduttivo del giudizio). Di qui l’eccesso di potere che inficia l’atto impugnato, reso ancor più evidente dal fatto che, nell’ambito della procedura di rinnovo delle concessioni demaniali marittime in scadenza al 31 dicembre 2011, tra le quali rientrava anche quella in favore della Nautiservice s.r.l., nonostante fosse già in vigore l’art. 1, comma 18, del D.L. n. 194 del 2009 (che prevedeva la proroga automatica sino a 31 dicembre 2015), l’Autorità portuale non ha applicato detto regime di proroga, ma ha provveduto al rinnovo della concessione;
– illegittimità costituzionale dell’art. 34 duodecies della legge n. 221 del 2012, di conversione in legge del D.L. n. 179 del 2012, e dell’art. 1, comma 547, della legge n. 228 del 2012, per violazione dell’art. 117, comma 1, della Costituzione, in relazione ai principi del diritto comunitario di cui all’art. 12 della direttiva CE 2006/123; assume la ricorrente che la modifica introdotta dall’art. 34 duodecies citato, nel prevedere la proroga delle concessioni sino al 31 dicembre 2020, sostanzialmente reintroduce la preferenza accordata al concessionario uscente nell’affidamento della concessione, che invece è stata eliminata dall’ordinamento per effetto dell’abrogazione del secondo periodo del secondo comma dell’art. 37 del codice della navigazione. Anche sotto tale profilo, quindi, l’art. 12 della direttiva comunitaria innanzi menzionata è stato violato;
– sulla base delle suesposte argomentazioni, quindi, parte ricorrente chiede: in via pregiudiziale, la rimessione alla Corte di Giustizia dell’Unione europea della questione esposta nel primo motivo e la sospensione del giudizio sino alla relativa decisione; in via preliminare, la rimessione alla Corte Costituzionale della questione di legittimità costituzionale esposta nell’ultimo motivo di ricorso, sempre previa sospensione del processo; nel merito, l’accoglimento del ricorso e l’annullamento dell’atto gravato.
Si sono costituiti in giudizio, per resistere, l’Autorità portuale di Ancona e la Nautiservice s.r.l., entrambe chiedendo il rigetto del gravame.
Con ordinanza n. 180 del 2016 il Tribunale ha respinto l’istanza di concessione di misure cautelari.
Con motivi aggiunti la ricorrente ha altresì impugnato il provvedimento di proroga sino al 31 dicembre 2020 della concessione n. 24 del 28 settembre 2012, rilasciata alla Nautiservice s.r.l., disposto dall’Autorità Portuale in data 6 aprile 2016, nonché tutti gli atti ad esso preordinati, consequenziali e connessi, deducendo l’illegittimità della suddetta proroga sia in via propria che in via derivata, per i medesimi vizi che inficiano la comunicazione n. 360 del 9 febbraio 2016, fatta oggetto di impugnazione con l’atto introduttivo del giudizio; essa ha riproposto, a sostegno dei motivi aggiunti, le medesime censure già contenute nel ricorso introduttivo e ha concluso formulando le stesse richieste avanzate con tale ultimo atto.
Rispetto ai motivi aggiunti si è costituito in giudizio il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti – Capitaneria di Porto di Ancona, che ha eccepito, in via preliminare, la propria carenza di legittimazione passiva per essere la Capitaneria estranea ai provvedimenti impugnati, e la società Nautiservice s.r.l., che ha invece eccepito, sempre in via preliminare, l’inesistenza della notifica del ricorso a mezzo PEC, modalità non contemplata nel processo amministrativo, e quindi l’inammissibilità del gravame per essere stata tardivamente espletata la notifica a mezzo posta. Nel merito, tutte le parti resistenti hanno chiesto il rigetto dei motivi aggiunti perché infondati.
Alla pubblica udienza del 7 aprile 2017, sulle conclusioni delle parti, la causa è stata posta in decisione.
- Reputa il Collegio di poter trattare congiuntamente sia il ricorso introduttivo che i motivi aggiunti data l’identità delle censure proposte.
- 1. Preliminarmente, occorre affrontare la questione, sollevata dalla controinteressata, dell’ammissibilità, nel processo amministrativo, della notifica del ricorso a mezzo PEC, anche prima dell’entrata in vigore dell’art. 14 del DPCM n. 40 del 2016.
Detta questione è stata di recente rimessa all’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (cfr., Cons. Stato, sez. III, ordinanza n. 1322 del 23 marzo 2017), atteso che in giurisprudenza si registrano, allo stato due orientamenti: quello, attualmente minoritario, secondo cui, in assenza di apposita autorizzazione presidenziale ex art. 52, comma 2, c.p.a., è inammissibile la notifica del ricorso giurisdizionale mediante posta elettronica certificata ai sensi della legge 21 gennaio 1994, nr. 53 (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 17 gennaio 2017, n. 130 e n. 156; 13 dicembre 2016, n. 5226; sez. III, 20 gennaio 2016, n. 189); l’altro, al momento prevalente, che riconosce l’immediata applicazione nel processo amministrativo delle norme di cui agli artt. 1 e 3-bis della legge n. 53 del 1994, in base alle quali la notificazione degli atti in materia civile, amministrativa e stragiudiziale può essere eseguita a mezzo di posta elettronica certificata (ex plurimis, Cons. Stato, sez. IV, 22 novembre 2016, n. 4895; sez. V, 4 novembre 2016, n. 4631; sez. VI, 26 ottobre 2016, n. 4490).
Come è noto, questo Tribunale ha ormai da tempo aderito a tale ultimo orientamento – che peraltro è quello a cui mostra di aderire anche la citata ordinanza di rimessione – ammettendo la notifica a mezzo PEC nel processo amministrativo come modalità alternativamente consentita in luogo di quelle tradizionali, sicché l’eccezione proposta dalla Nautiservice s.r.l., volta a far valere la nullità della notificazione dei motivi aggiunti e quindi l’irricevibilità degli stessi per tardività con riferimento alla notifica effettuata a mezzo posta, deve essere respinta.
- 2. Sempre in via preliminare, va preso atto della tardività della costituzione del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti – Capitaneria di Porto di Ancona, avvenuta solo in data 3 aprile 2017. Il Collegio, pertanto, non terrà conto, ai fini della presente trattazione, delle deduzioni difensive contenute nella relativa memoria (pacificamente ammissibili, in caso di costituzione tardiva, solo nei limiti in cui si siano tradotte in una difesa orale).
Giova tuttavia evidenziare che l’eccezione della resistente Amministrazione in merito alla carenza di legittimazione passiva in capo alla Capitaneria di Porto di Ancona è rilevabile anche d’ufficio, sicché la tardività della memoria con cui essa è stata sollevata non ne impedisce la trattazione da parte del Tribunale (Cons. Stato, sez. V, 31 agosto 2015, n. 4043).
Ciò posto, si osserva che, poiché i gravami concernono l’impugnazione di atti non provenienti dalla Capitaneria di Porto di Ancona, quest’ultima deve essere estromessa dal giudizio.
III. Passando, quindi, all’esame del merito, occorrono innanzitutto talune precisazioni.
La questione oggetto della controversia verte sull’applicabilità dell’art. 1 del D.L. 30 dicembre 2009, n. 194, nel testo modificato dal comma 1 dell’art. 34-duodecies del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito con modificazioni dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, e, successivamente, dal comma 547 dell’art. 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228, recante disposizioni in materia di proroga ope legis fino al 31 dicembre 2020, di alcune tipologie di rapporti concessori afferenti a beni demaniali marittimi.
In particolare, il citato art. 34-duodecies ha posticipato al 31 dicembre 2020 il termine per la proroga previsto dall’art. 1, comma 18, del D.L. 30 dicembre 2009, n. 194, convertito dalla legge 26 febbraio 2010, n. 25, per le concessioni aventi finalità turistico-ricreativo e per quelle destinate alla nautica da diporto (art. 2, comma 1, del D.P.R. 2 dicembre 1997, n. 509), di cui all’art. 3, comma 8 lett. b) del D.L. n. 70 del 13 maggio 2011, convertito con modificazioni dalla legge 12 luglio 2011, n. 106. Il comma 547 dell’art. 1 della citata legge n. 228 del 2012, poi, ha apportato ulteriori modifiche al testo dell’art. 1, comma 18, del D.L. n. 194 del 2009 sopra menzionato, estendendo la proroga anche alle concessioni con finalità sportive, nonché a quelle destinate a porti turistici, approdi e punti di ormeggio dedicati alla nautica da diporto.
III. 1. Tanto premesso, occorre sin da subito evidenziare che i provvedimenti impugnati non possono dirsi illegittimi rispetto al diritto interno, atteso che l’Autorità portuale di Ancona ha operato in attuazione delle suddette disposizioni, applicabili ratione temporis e dalla portata immediatamente precettiva per l’Amministrazione.
Giova richiamare, in proposito, quanto statuito dal Consiglio di Stato proprio nella sentenza della VI sezione del 14 agosto 2015, n. 3936, con cui è stata disposta, sulla scia di quanto deciso dal TAR Lombardia con la pronuncia del 26 settembre 2014, n. 2401 (entrambe citate dalla ricorrente), la rimessione alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea della seguente questione pregiudiziale: “Se i principi della libertà di stabilimento, di non discriminazione e di tutela della concorrenza, di cui agli articoli 49, 56, e 106 del TFUE, nonché il canone di ragionevolezza in essi racchiuso, ostano ad una normativa nazionale che, per effetto di successivi interventi legislativi, determina la reiterata proroga del termine di scadenza di concessioni di beni del demanio marittimo, lacuale e fluviale di rilevanza economica, la cui durata viene incrementata per legge per almeno undici anni, così conservando in via esclusiva il diritto allo sfruttamento a fini economici del bene in capo al medesimo concessionario, nonostante l’intervenuta scadenza del termine di efficacia previsto dalla concessione già rilasciatagli, con conseguente preclusione per gli operatori economici interessati di ogni possibilità di ottenere l’assegnazione del bene all’esito di procedure ad evidenza pubblica”.
Afferma il Consiglio di Stato nella pronuncia testé richiamata che l’art. 1, comma 18, del D.L. n. 194 del 2009, nel disporre la proroga ex lege delle concessioni demaniali in essere, si applica a tutte le concessioni con finalità turistico-ricreative senza distinzioni (il legislatore ha infatti inteso distinguere queste ultime rispetto a quelle con altre finalità, ad esempio mercantili o industriali), quindi ricomprendendo anche quelle relative ai porti e gli approdi turistici; in altri termini, la citata disposizione, interpretabile alla luce dell’art. 2, del DP.R. 2 dicembre 1997 n. 509, include anche le più ampie strutture nell’ambito di quelle dedicate alla nautica da diporto. “Tale significato, già immanente nel testo della norma che dispone la proroga, è stato enucleato, con portata esaustivamente esplicativa, dall’art. 1, comma 547, legge 24 dicembre 2012 n. 228, il quale aggiunge all’art. 1, comma 18, dopo le parole: ” turistico-ricreative”, le seguenti: ” e sportive, nonché quelli destinati a porti turistici, approdi e punti di ormeggio dedicati alla nautica da diporto”, con ciò rendendo palese che il comune denominatore dell’essere attinenti alle medesime finalità pareggia tali strutture nel regime di proroga” (cfr. Cons. Stato, sez. VI, n. 3936 del 2015, cit.; negli stessi termini, 18 aprile 2013, n. 2151, secondo cui “la proroga delle concessioni demaniali marittime disposta dall’art. 1, comma 18, d.l. 194/2009, si applica anche ai porti e agli approdi turistici, essendo la finalità turistico-ricreativa, in contrapposizione ad altre finalità, l’unica connotazione rilevante ai fini dell’applicazione della norma. Del resto, tale significato è stato confermato, con portata esplicativa, dall’art. 1, comma 547, l. 24 dicembre 2012 n. 228”).
Pertanto, stante la vigenza dell’art. 1, comma 547, della legge n. 228 del 2012 al momento di scadenza della concessione in parola, non può dubitarsi che il regime di proroga di cui si discute sia applicabile anche al caso in esame.
III. 2. Il fatto, poi, che l’Autorità portuale abbia, in un primo momento, previsto un confronto competitivo per l’affidamento della concessione di che trattasi, avendo anche proceduto alla pubblicazione dell’avviso di cui all’art. 18 del DPR n. 238 del 1952, non è elemento sufficiente a giudicare contraddittorio il successivo operato dell’Amministrazione, sia perché è evidente che l’inserimento di detta concessione nell’elenco di quelle aperte ad una possibile selezione è stato il frutto di un errore di valutazione in ordine alla disciplina concretamente applicabile, al quale l’Autorità portuale si è fatta immediatamente e correttamente carico di rimediare (ed invero la procedura comparativa non è stata mai avviata), sia perché l’esiguo tempo trascorso dall’emanazione del predetto avviso all’adozione della nota del 9 febbraio 2017 qui gravata non ha consentito neppure la maturazione di un affidamento tutelabile in capo alla ricorrente.
Né alcun eccesso di potere per contraddittorietà dell’azione amministrativa può essere rinvenuto per il fatto che, nell’ambito della procedura di rinnovo delle concessioni demaniali marittime in scadenza al 31 dicembre 2011, tra le quali rientrava anche quella in favore della Nautiservice, nonostante fosse già in vigore l’art. 1, comma 18, del D.L. n. 194 del 2009 (che prevedeva la proroga automatica sino a 31 dicembre 2015), l’Autorità portuale non ha applicato detto regime di proroga.
Ciò in quanto la proroga di cui all’art. 1, comma 18 del D.L. n. 194 del 2009, allora applicabile ratione temporis, non si riferiva specificamente anche alle concessioni aventi ad oggetto beni destinati a porti turistici, approdi e punti di ormeggio destinati alla nautica da diporto; tale estensione è avvenuta solo successivamente, ad opera dell’art. 1, comma 547, della legge n. 228 del 2012. Ed invero, come recentemente chiarito dal Consiglio di Stato nella pronuncia della sezione VI, 10 aprile 2017, n. 1658 (che, ancorché pubblicata dopo il passaggio in decisione della presente controversia, contiene dei principi che possono essere richiamati ad ulteriore conferma del convincimento di questo giudice) e ad un più maturo esame rispetto ai precedenti della medesima sezione, “…la disposizione di cui all’articolo 1, comma 547, della legge n. 228 del 2012 non si qualifica in termini di interpretazione autentica dell’articolo 1, comma 18 del decreto legge n. 194 del 2009, né contiene espressioni verbali da cui si possa desumere una sua portata retroattiva. Essa, del resto, non è stata redatta nel senso che nelle concessioni di beni con finalità turistico-ricreative vanno ricomprese anche quelle di beni destinati a porti turistici, approdi e punti di ormeggio destinati alla nautica da diporto. L’art. 1, comma 547, ha operato aggiunte ed integrazioni all’originario testo dell’art. 1, comma 18, del decreto legge n. 194 del 2009, lasciando inalterata la originaria categoria prevista (delle concessioni di beni con finalità turistico-ricreative) ed ha aggiunto una distinta categoria, che mantiene una sua autonomia, con valenza innovativa”.
III. 3. Ciò posto, ferma l’assenza di contrasto dei provvedimenti impugnati con il diritto nazionale, la questione in esame va affrontata nella prospettiva di un possibile contrasto delle norme interne applicate con il diritto comunitario, anche tenendo conto dei principi affermati in materia nelle diverse pronunce dei giudici italiani ed europei.
Reputa il Collegio che, a tal fine, occorre prendere le mosse dalla già citata sentenza della Corte di Giustizia UE, sez. V, n. 458 del 14 luglio 2016, intervenuta nelle more del presente giudizio (affari C-458/14 e C-67/15), senza, peraltro, ignorare che, successivamente alla pubblicazione di quest’ultima, il Governo italiano ha approvato il D.L. 24 giugno 2016 n. 113, convertito in legge 7 agosto 2016 n. 160, il cui art. 24, comma 3 septies, recita testualmente: “Nelle more della revisione e del riordino della materia in conformità ai principi di derivazione europea, per garantire certezza alle situazioni giuridiche in atto e assicurare l’interesse pubblico all’ordinata gestione del demanio senza soluzione di continuità, conservano validità i rapporti già instaurati e pendenti in base all’articolo 1, comma 18, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 25”.
I principi enunciati nella citata pronuncia dei giudici europei possono essere sintetizzati come segue:
– L’articolo 12 della direttiva 2006/123/CE, recepito dall’art. 16 del D.L. n. 59 del 2010, dispone quanto segue:
“1. Qualora il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche utilizzabili, gli Stati membri applicano una procedura di selezione tra i candidati potenziali, che presenti garanzie di imparzialità e di trasparenza e preveda, in particolare, un’adeguata pubblicità dell’avvio della procedura e del suo svolgimento e completamento.
- Nei casi di cui al paragrafo 1 l’autorizzazione è rilasciata per una durata limitata adeguata e non può prevedere la procedura di rinnovo automatico né accordare altri vantaggi al prestatore uscente o a persone che con tale prestatore abbiano particolari legami.
- Fatti salvi il paragrafo 1 e gli articoli 9 e 10, gli Stati membri possono tener conto, nello stabilire le regole della procedura di selezione, di considerazioni di salute pubblica, di obiettivi di politica sociale, della salute e della sicurezza dei lavoratori dipendenti ed autonomi, della protezione dell’ambiente, della salvaguardia del patrimonio culturale e di altri motivi imperativi d’interesse generale conformi al diritto [dell’Unione]”; la norma riguarda il caso specifico in cui il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche utilizzabili;
– spetta al giudice nazionale verificare, in concreto, ai fini dell’applicabilità dell’art. 12 citato, se le concessioni demaniali marittime e lacuali rilasciate dalle autorità pubbliche – che mirano allo sfruttamento di un’area demaniale a fini turistico-ricreativi – debbano essere oggetto di un numero limitato di autorizzazioni per via della scarsità delle risorse naturali e che non si tratti di concessioni di servizi pubblici che possano, invece, rientrare nell’ambito di applicazione della direttiva 2014/23/CE;
– nell’ipotesi in cui le concessioni in questione rientrino nell’ambito di applicazione dell’articolo 12 della direttiva 2006/123/CE, non si può prescindere da una procedura di selezione tra i candidati potenziali che deve presentare tutte le garanzie di imparzialità e di trasparenza, in particolare un’adeguata pubblicità;
– conseguentemente, “l’articolo 12, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2006/123 deve essere interpretato nel senso che osta a una misura nazionale, come quella di cui ai procedimenti principali, che prevede la proroga automatica delle autorizzazioni demaniali marittime e lacuali in essere per attività turistico-ricreative, in assenza di qualsiasi procedura di selezione tra i potenziali candidati”;
– inoltre, precisa la sentenza in esame che le concessioni che riguardano un diritto di stabilimento nell’area demaniale finalizzato a uno sfruttamento economico per fini turistico-ricreativi, rientrano, per loro stessa natura, nell’ambito di applicazione dell’articolo 49 del TFUE;
– pertanto, qualora siffatte concessioni presentino un interesse transfrontaliero certo, la loro assegnazione in totale assenza di trasparenza ad un’impresa con sede nello Stato membro dell’amministrazione concedente costituisce una disparità di trattamento a danno di imprese con sede in un altro Stato membro che potrebbero essere interessate alla suddetta concessione; tale disparità di trattamento è, in linea di principio, vietata dall’articolo 49 del TFUE;
– l’esistenza di un interesse transfrontaliero certo deve essere valutato sulla base di criteri rilevanti, quali l’importanza economica dell’attività, il luogo della sua esecuzione o le sue caratteristiche tecniche;
– le proroghe attuate dalla normativa italiana che mirano a consentire ai concessionari di ammortizzare i loro investimenti, in quanto determinano una disparità di trattamento, possono essere giustificate solo da motivi imperativi di interesse generale, in particolare dalla necessità di rispettare il principio della certezza del diritto (ad esempio, nel caso di una concessione risalente nel tempo, quando non era ancora stato dichiarato che i contratti aventi un interesse transfrontaliero certo avrebbero potuto essere soggetti a obblighi di trasparenza, la sua risoluzione potrebbe necessitare di un periodo transitorio che permetta alle parti del contratto di sciogliere i rispettivi rapporti contrattuali a condizioni accettabili, in particolare, dal punto di vista economico);
– ne consegue, che l’articolo 49 del TFUE “deve essere interpretato nel senso che osta a una normativa nazionale, come quella di cui ai procedimenti principali, che consente una proroga automatica delle concessioni demaniali pubbliche in essere per attività turistico-ricreative, nei limiti in cui tali concessioni presentano un interesse transfrontaliero certo”.
III. 4. Orbene, alla luce dei suesposti principi, è possibile affermare che la concessione in questione (volta ad ottenere uno scalo a mare per le operazioni di alaggio e varo di imbarcazioni) non presenta un interesse transfrontaliero certo, avuto riguardo al tipo di attività, che è strumentale rispetto all’attività principale di vendita, manutenzione, assistenza e rimessaggio di natanti da diporto, svolta in zona necessariamente limitrofa all’area demaniale oggetto di concessione da soggetti che già stabilmente operano nell’ambito territoriale considerato; pertanto, in ragione della specificità delle operazioni di alaggio e varo di imbarcazioni e quindi delle finalità della concessione demaniale in parola, non può dubitarsi del fatto che l’interesse a conseguirla riguardi le sole imprese stabilite nel delimitato ambito territoriale considerato (che è appunto quello limitrofo al porto turistico di Ancona), essendo inverosimile – non fosse altro per i costi che si andrebbero a sostenere, ma anche per la difficile praticabilità di una siffatta soluzione – che operatori del settore i quali esercitano dette attività di vendita, manutenzione, assistenza e rimessaggio di natanti da diporto in altre zone o addirittura fuori dai confini italiani, siano interessati ad effettuare le operazioni di alaggio e varo delle predette imbarcazioni nel porto del capoluogo Marchigiano.
Infondata è quindi la questione pregiudiziale sollevata dalla ricorrente nel primo motivo del ricorso introduttivo e riproposta nei motivi aggiunti, volta a far valere il contrasto con il diritto comunitario dell’art. 1, comma 18, del D.L. n. 194 del 2009, come successivamente integrato e modificato, nei termini innanzi precisati.
III. 5. A ciò va aggiunto che, proprio sulla base di quanto affermato dalla stessa Corte di Giustizia nella richiamata sentenza del 17 luglio 2016, secondo cui le proroghe attuate dallo Stato italiano possono essere eccezionalmente giustificate in ragione di motivi imperativi di interesse generale quali, in particolare, la necessità di tutelare il legittimo affidamento dei titolari delle autorizzazioni, al fine di permettere loro di poter ammortizzare gli investimenti effettuati, il legislatore nazionale è intervenuto a disciplinare la materia in conformità a tali principi; pertanto, in sede di conversione in legge del D.L. n. 113 del 2016, recante “Misure finanziarie urgenti per gli enti territoriali e il territorio”, è stato introdotto, all’art. 24, il comma 3-septies innanzi citato, che praticamente conserva la validità ex lege dei rapporti concessori già instaurati e pendenti in base all’art. 1, comma 18, del D.L. n. 194 del 2009 e ss.mm.ii., ovvero con validità sino al 31 dicembre 2020, “nelle more della revisione e del riordino della materia in conformità ai principi di derivazione europea, per garantire la certezza alle situazioni giuridiche in atto e assicurare l’interesse pubblico all’ordinata gestione del demanio senza soluzione di continuità”.
Per tali ragioni non si ravvisano i profili di contrasto con il diritto europeo evidenziati dalla ricorrente, neppure con riferimento all’art. 24, comma 3 septies, del D.L. n. 113 del 2016; in particolare, in merito alla mancata introduzione di un termine certo entro il quale il legislatore dovrebbe provvedere al riordino della materia in conformità ai principi comunitari, si osserva che tale indeterminatezza di fatto non sussiste, atteso che il periodo transitorio coinciderà, al massimo, con il periodo di validità delle concessioni in essere, fissato, ex lege, al 31 dicembre 2020.
Peraltro, tali procedure di revisione e di riordino normativo risultano essere già in atto, atteso che è in corso l’esame del disegno di legge contenente la delega al Governo per l’attuazione della riforma in materia di concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali ad uso turistico-ricreativo, con l’indicazione dei principi e dei criteri direttivi, nel rispetto della normativa europea (come risulta dal sito ufficiale della Camera dei Deputati www.camera.it).
III. 6. In subordine, vanno esaminate le seguenti questioni di legittimità costituzionale sollevate dalla ricorrente con riferimento:
1) all’art. 34 duodecies della legge n. 221 del 2012, di conversione in legge del D.L. n. 179 del 2012, e all’art. 1, comma 547, della legge n. 228 del 2012, per violazione dell’art. 117, comma 1, della Costituzione, in relazione ai principi del diritto comunitario di cui all’art. 12 della direttiva CE 2006/123, atteso che tali disposizioni di fatto reintrodurrebbero la preferenza accordata al concessionario uscente a parità di condizioni nell’affidamento della concessione;
2) dell’art. 24, comma 3 septies, del D.L. n. 113 del 2016, per violazione dell’art. 11 e 117 della Costituzione in relazione ai principi del diritto comunitario di cui all’art. 6 CEDU e all’art. 12 della direttiva CE 2006/123.
Partendo da quest’ultima, essa è innanzitutto inammissibile, atteso che è stata formulata in via apodittica e generica, non essendo state in alcun modo indicate le ragioni dell’asserito contrasto.
Comunque, a voler ritenere che dette ragioni siano le medesime già esposte dalla ricorrente per sostenere l’illegittimità costituzionale dell’art. 34 duodecies della legge n. 221 del 2012 e dell’art. 1, comma 547, della legge n. 228 del 2012, il Collegio osserva che entrambe le questioni sub 1) e sub 2) sono infondate e vanno respinte.
Ed invero, la proroga ovvero il mantenimento delle concessioni in essere sino a una certa data – peraltro giustificati, come sopra evidenziato, da motivi imperativi di interesse generale – avendo un’efficacia limitata nel tempo, non equivalgono, come sostenuto dalla ricorrente, alla reintroduzione, di fatto, della previsione in passato contenuta nell’art. 37 del codice della navigazione e ora espunta dall’ordinamento, in base alla quale si accordava un diritto di preferenza a favore del concessionario uscente nell’ambito della procedura di attribuzione delle concessioni del demanio pubblico marittimo, consentendogli in tal modo di occupare il bene demaniale senza soluzione di continuità. La proroga in questione, infatti, è consentita in virtù di una previsione eccezionale e transitoria, che non disciplinando, con efficacia durevole, il rinnovo automatico e periodico delle concessioni alla loro scadenza, non ha l’effetto sostanziale di autorizzare il concessionario all’occupazione sine die del bene oggetto della concessione, analogamente a quanto accadeva in attuazione del diritto di preferenza di cui all’art. 37 citato.
III. 7. Per tutte le suesposte considerazioni, il ricorso è infondato e va respinto.
- La novità e la complessità delle questioni trattate giustificano la compensazione delle spese del giudizio tra tutte le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso e sui motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, li respinge.
Dichiara la carenza di legittimazione passiva del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti – Capitaneria di Porto di Ancona e, per l’effetto, dispone la sua estromissione dal giudizio.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Ancona nella camera di consiglio del giorno 7 aprile 2017 con l’intervento dei magistrati:
Maddalena Filippi, Presidente
Tommaso Capitanio, Consigliere
Simona De Mattia, Consigliere, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 08 SET. 2017.